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SENTIRE, ASCOLTARE, OBBEDIRE…

In questo articolo vorrei accendere i riflettori sull’uso di 3 semplici parole estremamente importanti nelle interazioni educative, il cui significato viene (a torto) spesso sovrapposto.

Queste parole sono sentire, ascoltare e obbedire.

Se ti stai chiedendo “cosa centri questo con le arti marziali”, ti invito immediatamente a mettere in atto alcune semplici riflessioni:

  • Nelle arti marziali “qualcuno insegna”?
  • In ciò che tu intendi con insegnamento, esiste un collegamento con l’educazione?
  • Nei corsi che frequenti, esistono discussione e ragionamenti? …o ci si limita ad eseguire ed emulare una guida “muta”? 

Se siamo sulla stessa linea d’onda, allora prosegui pure con la lettura…

 

Insegnamento ed educazione…

Fra le obiezioni più “strane” che mi sia mai capitato di affrontare interagendo con colleghi insegnanti, quella del “io insegno MA NON EDUCO”  è sicuramente la “regina delle cacate”!

La cosa buffa, è che proprio chi si rifiuta di distinguere i vari tipi di guida in funzione delle sue caratteristiche e peculiari competenze, sembra gradire particolarmente il navigare in acque torbide ed il piu’ nebbiose possibili.

In un “caos cognitivo dove, istruttori, allenatori, insegnanti e maestri, corrispondono TUTTI ad una sorta di medesima e “non ben definita figura”.  

(“Gran bella premessa!!!”)

NON E’ MIA INTENZIONE sviscerare l’argomento in questo articolo, ma se sei un “docente o uno studente” che non reputa tale “ambiguità” come qualcosa di significativo, e poi frequenti ambienti dove impera un “maestro” che sostiene di NON EDUCARE, allora hai una bella gatta da pelare!

Fatti un giretto a questo link e cerca un minimo di chiarezza!  😉

Ricordi e “l’importante è capirsi”…

Quel bambino “non ascolta” niente!!!

Quante volte hai sentito tua madre o una persona dire questa cosa?

Magari al posto del bambino il soggetto era un cane, un compagno o altro… 

Ma siamo veramente sicuri che “ciò che si volesse intendere con questa frase” corrispondesse effettivamente al SENSO DELLA PAROLA????

“L’importante è capirsi”, è forse stato il traghettatore più ipocrita e diffusore di “ignoranza” tra generazioni.

Anche laddove l’intenzione era bonaria e ci si riferiva alla “praticità di comprendersi”, falsare il reale significato delle parole ha creato una serie di problemi cognitivi che conducono chi ne è affetto a vere e proprie “inabilità” nei processi interattivi e dell’apprendimento.

Tornando alla frase in apertura paragrafo….

Cosa si intende secondo te?

  • il bambino NON SENTE CIO’ CHE GLI SI DICE?
  • o forse che NON PRESTA ATTENZIONE ALLE PAROLE CHE GLI VENGONO RIVOLTE?
  • oppure, semplicemente CHE NON FA CIO’ CHE GLI VIENE DETTO DI FARE (in pratica NON OBBEDISCE)?

 

SENTIRE, ASCOLTARE, OBBEDIRE

Una delle cose che vengono tenute meno in considerazione dalla persona “comune”, è la fondamentale funzione che hanno le parole.

La mente umana funziona prettamente “per immagini”, per cui, ad essere più precisi, sono le immagini prodotte dalle parole che si utilizzano ad essere importanti.

E quali sono quelle delle 3 parole a cui ci stiamo riferendo?

 

SENTIRE…

Si tratta di un’azione “passiva” attraverso cui i suoni vengono lasciati giungere al cervello.

Chi “sente”, semplicemente riceve le informazioni.

 

ASCOLTARE…

Quando “viene prestata attenzione” a ciò che si sente, allora si ascolta!

L’azione passa dallo svolgersi passivamente, ad un ruolo “attivo della mente” del destinatario.

 

OBBEDIRE…

Nel momento in cui si manifesta un’interazione pratica tra le informazione ricevute ed il proprio comportamento esecutivo, allora si obbedisce.

In altre parole, si “fa ciò che è stato comandato”.

 

Nell’esempio di partenza, per quanto non lo si ammetta, il ruolo genitoriale dell’educatore sfocia spesso in una sorta di “comando” nei confronti dei figli (perchè non si possiedono o trascurano altre abilità, come ad esempio quelle comunicative, persuasive e di leadership) ; dal momento che non obbediscono vengono spesso ripresi (a torto) di “non ascoltare” (OVVERO, “non prestare attenzione a ciò che viene detto loro”!)

Non di rado, non solo i figli “sentono benissimo”, ma ascoltano anche con interesse molto profondo… E’ il genitore/educatore che magari “confonde” il fatto che i figli “non obbediscano” con una manifesta incapacità di ascolto.

 

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD)

Negli ultimi anni, chi ha a che fare con i bambini, si è sicuramente imbattuto in questo acronimo (Attention Deficit Hyperactivity Disorder

Ora ti chiedo: “se il controllo o la gestione di se deriva da una buona efficienza mentale”, la sovrapposizione di parole con significati diversi, CHE RUOLO PUO’ GIOCARE nei processi cognitivi di un individuo?

Se un bambino “è dotato di un’energia maggiore o più veloce”, con una carenza in tal senso può secondo te sviluppare qualche disarmonia “percepita da un osservatore esterno” come un’IPERATTIVITA’?

Prima di “iniziare ad analizzare e CURARE” un figlio a cui è stato diagnosticato tale disturbo, (usato spesso come alibi per nascondere delle incapacità come guida) sarei curioso di andare ad osservare “la proprietà di linguaggio dei genitori” e degli ALTRI EDUCATORI con cui il bambino è o è stato in contatto nelle fasi primordiali dell’apprendimento.

Ho l’impressione che verrebbe improvvisamente “rivalutata” la proprietà di linguaggio come “competenza” in un ruolo educativo.

E un insegnante di arti marziali, NON NE E’ SOLLEVATO in termini di responsabilità…. ANZI!

Durante lo studio pratico delle arti marziali, c’è un enorme e profondo coinvolgimento delle facoltà PSICO MOTORIE di un individuo, a poco conta quindi “ciò che vuole sostenere quel tipo di guida CHE VORREBBE ESTRANIARSI DAL RUOLO DI EDUCATORE”!!!

Sia che si occupi di adulti, ma soprattutto se si occupa di bambini!!!!     

OK?!?!

Personalmente la reputo una semplice e dichiarata “incapacità” mascherata da falsa modestia!

Un capro espiatorio attraverso cui “sollevarsi da RESPONSABILITA’ che una guida dovrebbe essere in grado di accollarsi”!

NON MI PIACE, NON SONO CERTAMENTE SOLIDALE AD UNA TALE LINEA DI CONDOTTA COME INSEGNANTE, E CI VEDO UNA GROSSA FALLA DAL PUNTO DI VISTA DELL’EVOLUZIONE E DEL MIGLIORAMENTO PERSONALE.

Chi “guida qualcuno”, che gli piaccia o meno, HA LA RESPONSABILITA’ DI INFLUENZARE I CAMBIAMENTI IN CHI A LUI SI AFFIDA.

Invece di “abbuffare il proprio ego” con false modestie (richiedendo paradossalmente l’appellativo di “maestro”), farebbe meglio a comportarsi con maggiore consapevolezza, senso di responsabilità e dotarsi di QUELL’UMILTA’ alla base di ogni MIGLIORAMENTO… (in SE STESSI “prima che negli altri”!)

 

Conclusioni

In una realtà dove chi insegna è nella stragrande maggioranza dei casi “valutato come performer”  (invece che per sue competenze/abilità come insegnante), è piuttosto scontato che  la questione del “reale significato delle parole utilizzate” appaia come qualcosa di poco conto…

Ma alla luce di queste piccole e amichevoli riflessioni… siamo certi che non valga la pena “correggere il tiro” in chi occupa un ruolo da educatore?

Forse, ma in questo sono sicuramente di parte, l’insegnamento è probabilmente la più antica e nobile ARTE che abbiamo a disposizione… una variabile fondamentale nell’equazione dello sviluppo personale, dell’EVOLUZIONE UMANA…

…e quando, nonostante la sterminata abbondanza di mezzi, informazioni e strumenti che caratterizzano l’epoca in cui stiamo vivendo, crescono a dismisura i problemi cognitivo-comportamentali delle persone, FORSE ciò che manca veramente sono “GLI INSEGNANTI COMPETENTI”.

Mi piacerebbe scorgere “molti meno MAESTRI (falsamente modesti)”, e qualche BUON INSEGNANTE IN PIU’ (autenticamente umile)…

 

…ma questo è un semplice e malinconico auspicio da parte di un “cagacazzo” puntiglioso e appassionato di linguaggio… ^_^

 

Buona riflessione…

 

Sergio Simoncelli Insegnante Gong Fu

            -Zaijian-        Sergio

2 risposte su “SENTIRE, ASCOLTARE, OBBEDIRE…”

Ciao Sergio,
sono sostanzialmente d’accordo con quanto scrivi.
L’insegnante, è anche un educatore, sia in senso positivo, che negativo. Una pedagogista americana scriveva : “Attenti perché i bambini ci osservano”.
La sensibilizzazione che un insegnante svolge nella relazione con lo studente o allievo, può essere positiva ma anche negativa: un pessimo maestro avrà sempre lasciato in noi,(specie se siamo ragazzini), un’impronta, uno schema, un’idea, financo un disvalore. Certo se siamo adulti e usiamo correttamente la funzione chiamata intelligenza possiamo rendercene conto anche presto. Diversamente, lo possiamo capire successivamente e avremo comunque avuto un’esperienza importante nel nostro sviluppo cognitivo fisico o interiore.
Certo poi nel campo scolastico, l’esercizio di questa funzione, l’apprendimento, e le giovani menti in formazione, sono materia alquanto delicata. Non è certo sempre facile distinguere di chi sia la responsabilità nell’ insufficiente realizzazione dell’opera educativa della scuola. Se sia dell’insegnante o dell’allievo,(tra ADHD, autismo e altre sindromi).
La risposta non è sempre cristallina.

Ciao Gianfranco, come sai io preferisco (se possibile) trascendere il concetto di “positivo e negativo”, consapevole del fatto cha tale classificazione dipende dal contesto e dal “parametro zero” che si decide di considerare.

Non sono a conoscenza della pedagogista a cui ti riferisci nel commento… tuttavia, non posso che quotare tale monito… in parte per alcuni studi di pedagogia che ho fatto, in parte per l’esperienza diretta che ho avuto come insegnante con i piccoli.

Nelle considerazioni che ho voluto sollevare con l’articolo, in realtà non mi riferivo all’insegnamento nei confronti dei piccoli, ma al ruolo “generico di chi insegna e CREDE di non doversi far carico delle responsabilità educative” qualora insegni SOPRATTUTTO agli adulti!

Un buon educatore, dovrebbe (secondo me) annoverare tra le proprie competenze delle competenze in ambito comunicativo, sul linguaggio, sulla funzionalità della mente, alcuni basi di sociologia, psicologia e pedagogia. (indipendentemente dal fatto che abbia a che fare con bambini o meno)

Questo perchè, pur essendo vero che un individuo in età adulta SI PRESUPPONE che sia umanamente autonomo a livello psicoemotivo, affrontando qualche studio in ambito “analisi transazionale”, si scoprirebbe facilmente che in realtà molti individui passano dalla “modalità bambino” e quella “genitoriale” anche senza sviluppare quella “adulta”!

Questo fa si che, in termini educativi, si inneschino circuiti viziosi con conseguente “blocco” dell’evoluzione educativa famigliare, riportando il “grosso dei limiti” dei genitori nei figli, che a loro volta non fanno in tempo a correggere prima di mettere al mondo dei figli.

Quando si parla di scuola, e personalmente fatico a ravvedere delle differenze tra quelle di “arti marziali e quelle che intendiamo con il termine classico”, chi viene guidato inevitabilmente viene toccato da un condizionamento che ruota attorno a vari fattori: ABILITA’ COMUNICATIVE DEGLI INSEGNANTI (LINGUAGGIO IPNOTICO, COMUNICAZIONE PERSUASIVA, LEADERSHIP SKILLS, ETC), COMPETENZE IN TERMINI DI LINGUAGGIO (CONOSCENZA DEL FUNZIONAMENTO DELLA MENTE UMANA ASSOCIATA AD UNA PADRONANZA NELL’UTILIZZO DELLE IMMAGINI PRODOTTE DALL’USO DELLE PAROLE), CARATTERISTICHE PERSONALI NATURALI DEI DOCENTI (CARISMA, PIACEVOLEZZA E CAPACITA’ DI SINTONIZZARSI SULLE ESIGENZE REALI DEGLI INTERLOCUTORI)…

Giocano altresì un ruolo fondamentale “il tipo di ambiente” (pensa alle differenze tra uno autorevole, uno autoritario ed uno senza una leadership chiara!) e le caratteristiche / tipo di esigenze da soddisfare negli studenti.

Più che “non sempre cristallina”, diciamo che non è possibile “identificare in modo preciso” la condotta ideale da adottare senza considerare un “target piuttosto preciso di adepti”…

Ciò che io ho voluto esporre in senso piuttosto generale, è invece una realtà in cui CHI GUIDA, non viene mai “testato in relazione alle capacità di guidare qualcuno nel raggiungere determinati risultati”… semplicemente viene sottoposto ad esami per verificare SE LUI/LEI è in grado o meno di ottenerli!

E questo, è un errore lapalissiano su cui grava una fetta enorme di quella responsabilità di cui stiamo parlando.

Io personalmente non metterei poi nello stesso discorso ADHD, autismo o altre sindromi… nell’articolo scomodo la prima perchè si tratta di un disturbo spesso di natura comportamentale che puo’ essere corretto in molti casi, mentre con l’autismo la questione è diversa)

Per quanto ho potuto constatare, i bambini a cui è stato diagnosticata l’ADHD, puntualmente avevano un back ground esperienziale piuttosto delineato e plasmato da “incapacità educative dei genitori”. Non da vere “patologie”.

Ultima precisazione: io non ne farei una questione di “mera intelligenza”; si tratta più che altro della possibilità di sviluppare un sano senso di responsabilità che “spinga un individuo ad affrontare i propri limiti e lavorarci su con lo scopo di migliorare”.

Non è un caso che “si parli di GONG FU”… 😉

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